lunedì 22 ottobre 2012

SEZIONE C POESIA EDITA


1° Premio – Serena Dal Borgo  
Non ancoraBook Editore RO FERRARESE (FE)

  
      Non  c’è bisogno di tante parole per fare poesia. Basta un verso, un cenno, un segno.
Ed è con questo verso, cenno, segno che la poetessa Serena Dal Borgo scolpisce la sua poesia.
La scolpisce pagina dopo pagina in un coerente continuum: la sua preghiera frammento di preghiere.
 
      Il Toc, le torri, la madre, il figlio, l’amico i motivi  per cui l’anima attinge alla fonte lenitrice della preghiera che nel suo poetare costruisce piccoli preziosi ceselli scolpiti col cuore.

e il Toc. E la spianata lunare di fango,
e io che quel giorno del nove compivo
due anni. la sera del Toc cadente.
la sera della partita del Real Madrid. due anni.
due secoli. e la terra fangosa e il boato.
e tu forse tre. e noi piccole lontane.
noi che il Toc ha fatto incontrare.
noi che di terra scaviamo. tu che in acqua
sali con Va-le-rio e Gi-uuuu-li-a.
noi che in cielo d luna specchiamo
con pelle d'ardesia.


dovevi sentire 
come l'acqua lo sommergeva
e lo trascinava. e lo spostava
e lo oscillava qua e là.
sommerso. sospeso.
come fuscello nell'ira
        fustello in attesa.
                 rumore ovattato.
andava qua e là.
sospeso.
senza odori senza suoni.
E la madre tra le braccia.

Ave Maria madre benedetta
piena di grazia madre di Cristo
madre addolorata madre colpita
Fa' che torni. Fa' che i filari 
s'alzino al manto azzurro.
Ave Maria il mio figlio è morto.
Tuo figlio è risorto. Ave Maria
Madonna di Dio, Santa Benedetta.
Tuo figlio in croce.
mio figlio in acqua. Ave Maria
piena d'amore piena di dolore
ti ho dato tutto il corpo
che veniva dal mio corpo.
...................................................
nell'acqua il corpo si muoveva appena
imprigionato tra le sabbie e il fango.
Dentro l'acqua scompariva ogni cosa.
I capelli biondi, gli occhi grandi,
i ricci, l'azzurro. L'innocenza

la madre                        
                              a cercarti. toccarti. salvarti.


Serena Dal Borgo

inducimi in tentazione Signore,
fammi pregare preghiere
che non so. in latino, in ebraico,
in aramaico. semplici preghiere
di pace e eternità, inducimi
in tentazione davanti alla pietra,
alle rose rosse per il giorno
del compleanno alla schiuma. e alla luna.






2° Premio ex aequo – Caterina De Martino                                          
NELLA STRADA DEL MIO SECOLO 
ed. Il Convivio (Roma)

 Se la poesia è canto il poeta la fa vibrare.

“Io sono canto e vibrazioni”.  Si dichiara la poetessa Caterina De Martino e così è la sua poesia: canto e vibrazioni.

Un tutt’uno con l’essere e l’universo. Un dialogo sempre in “bilico tra questo essere e non esistere”.
Un’esplosione di vita che precede il precipizio buio di tutte le cose.

La raccolta è divisa in stazioni. Una Via Crucis che partendo dai fulgori entusiastici dell’esperienza sessantottina  riflette sulle violenze e il lento ma progressivo disgregarsi della società in declino.
“Il cuore è un melograno sanguinante/ogni chicco un grano d’amore”.
L’amore è il fil rouge che percorre  tutta la sua poesia. Un amore cosmico, intenso, passionale.

Inevitabilmente la guerra. Quindi il dolore, l’ingiustizia e sociale e umana sono il grido del suo essere donna, poeta, persona.

Nell’ultima stazione, esplode come potenza incontenibile il mito dell’ “io” unico e irripetibile. E come cascata dirompente afferma: “Esisto interamente/in questo barbaglio luminoso/e mi apro all’ascolto/ oceanico dell’essere”.


E tramontò il sole

e risorse con l'aurora

            sopra gli steccati di Auschwitz
            dopo l'apocalisse di Hiroshima
            era una palla  polverosa
            appiccicata al cielo.
            La ferocia dell'indifferenza
            e poi la dimenticanza.

            Ora mi assesto bene in poltrona          

            a vedere i resoconti di qualche guerra
            (Ce n'è sempre in più parti).
            Cambio spesso canale.

            Anche di me stessa 
            ricordi scardinati
            dall'analisi spietata,
            era un palcoscenico allora
            e mi scrivevo le battute
            dolore e sdegni
            (davano una certa dignità)
             nei grovigli di vita
          e andava secondo il flusso.
            Tutto uguale anche per gli altri,
             Nella strada del mio secolo.

STAZIONE PRIMA: Incomunicabilità nell'era della comunicazione
STAZIONE SECONDA: Crisi del soggetto senza più identità e finalità escatologica
STAZIONE TERZA: Fermenti, ansie, sogni del '68 e successivo deteriorarsi degli ideali nella                                    società post-moderna
STAZIONE QUARTA: Risvegliarsi della coscienza femminile
STAZIONE QUINTA: Dispiegarsi della violenza nella società e fine della solidarietà nell'individuo 
STAZIONE SESTA: Il mito della potenza dell'Io

            
         2° Premio ex aequo -  Fulvio Castellani 
         SERA DI PAROLE Ibiskos Ulivieri - Firenze
  
     Poesia meditata, sussurrata, immersa nella nostalgia del ricordo, di un vissuto pieno e ricco di curiosità, emozioni, nella ricerca ancora e continua del canto delle sirene a rinverdire  il sogno perso nella visione stanca di un’età perduta.
     Il verso segue il passo lento e lieve  del pensiero dolcemente malinconico e sapiente.
Come un fiore ripiegato su sé stesso, il poeta attinge nella poesia quell’anelito di  vivifica illusione nella consapevolezza ultima ed estrema di un approdo senza ritorno.







Addormentate sono le foglie
che cadono a grappoli
con il rumore della pioggia
e la voce lontana del sole.

Appeso è il loro frastuono
al respiro sommesso
del silenzio. E' un addio
ai colori al vento
all'indugiare afoso delle pietre
al ristare quieto sul muro
arrotolando antiche note d'amore ....

Per questo non uso parole:
non servono ad adornare
appassite ghirlande d'attese.

Appeso all'ultimo aquilone
avvolgo il mio autunno
con l'occhio ancora stupito
della primavera.






3° Premio ex aequo – Daniela Della Casa  
VANIGLIA DOLCE AMARCORD -  Ed. Genesi (Torino)

     Sulla scia della memoria, dolce come solo il ricordo sa rendere nella lontananza mitica di un mondo perduto, quel “minimo mondo che è immenso”, si apre sotto i nostri occhi attraverso le poesie-racconto di Daniela Della Casa.

     L’autrice si esprime con la cantabilità della poesia italiana tra Otto e Novecento orientandosi anche verso la poesia dialettale piemontese con risultati del tutto apprezzabili.

illustrazioni di: Giorgio Testari
Di vaniglia odorava 
mio padre, intorno
spandeva caramello e farina.
Così dolce il ricordo
mentre l'eco ritorna
di sublimi romanze.
Le cantava mio padre
a me, bambina estasiata,
rotta la voce, umidi gli occhi
e il cuore trascinava l'amore.











Per te vorrei versi scomposti,

senza ritmo, senza danza,
spezzati, scapigliati,
duri, selvaggi.
Per te vorrei versi taglienti,
fendenti che spolpano,
disossano, feriscono.
Per te vorrei parole di passione
che graffiano, sferzano,
colpiscono, ti centrano dentro.

Trovo invece miele e tenerezza,
vedo fuoco del camino,
una morbida coperta che ci avvolge
e noi che parliamo del passato,
ci sorridiamo, gli occhi persi
e le carezze sono soffici e dolcissime.


 Daniela Della Casa

      
      3° Premio ex aequo - Giovanni Galli 
      Canti di San Grato Montedit  Melegnano (MI)


Una rappresentazione coerente ed unitaria di un mondo contadino e di un paese che sono centrali nella vita di Giovanni Galli.

Linguaggio di una musicalità intrinseca a un verso libero che è la musicalità stessa della vita, dell’uomo nella natura, di una campagna operosa e  solare, osservata da chi, come il poeta, è “biologicamente collegato con il mondo che lo circonda e lo contiene”.


La poesia è la parole dei secoli (Nicolò Tommaseo)
La poesia è la ragione messa in musica (Francesco De Santis)
Scrivere un libro di poesie è come buttare un petalo di rosa nel Grand Canyon e aspettare l'eco.
 (Don Marquis)
Far poesie è come far l'amore: non si saprà mai se la propria gioia è condivisa. (Cesare Pavese) 

         L'acqua dei sogni

            Secchi hanno schiocchi more rugose
            se tonfan caparbie nell'erbe di giugno,
            più cupe e carnose.

La sotto pare un'ombra imprevista si muova
e a fusti, d'antico finaggio, con coraggio
lenta s'accosti.
Tu sosti e attendi, gustoso, un sincarpio composto
che, di ramo ancora nascosto,
innocuo ai piedi forse ti cada
e, prezioso, nell'oro s'acqueti d'un timido croco.

Slegheresti la voce, a poco a poco,
per fargli prudente una chiama
ma non sai chi, di botto, emerga alla luce
e allora è meglio, da sempre, si taccia.
Tu sosti e attendi vedere si faccia un volto che piace,
che s'inondi di sole
e alle spalle, a giugno, si lasci graziose
secchi schiocchi di more sugose.

Là sotto grevi son passi
che verde gramigna pestan riposta
e, quasi, di gelso neri dan mosti alla terra nascosta
che l'ingoia con forza e ne fa altra ombra
e nodose radici.

"St'ann-si, la melia
- in buon piemontese tu dici  -
Prof. Giovanni Galli
a possa ant un nen,
a toca "l ginoj
e a l'é resistenta"*

Nell'aria rovente
(immoto)
sosti e attendi,
ché solo è un assunto innalzato
per esser presente.

Là sotto
(svuotate)
berte-ladre** iridescenti
materni furti scontan, lucenti.

Oh tra potenti lodato
sempre sia il potente!

Del Tutto e del Niente
sosto e attendo ...

Fremendo
fra lattughe eccedenti di fosso
(di Piramo e Tisbe è quel rosso)
venata di sangue, Francesca, l'acqua
già sfrena dei sogni
a non soffocare di gelsi.

Nel giardino smarrito dell'Eden
(l'acqua impetuosa non s'arresta dei sogni)
dal sacro melo, masticando, si cade
a più non peccar di cotogni.

* "Quest'anno il granturco// - in buon piemontese ti dici - //s'è alzato in un niente,// ed è resistente"
** Gazze


Pina Meloni, Anna Maria Dall'Olio


PREMIO SPECIALE PER L’HAIKU

Stefano Cervini – SI POSA BOREA ED. ALBATROS (Roma)



     L’haiku è la quinta essenza della “regola”. Ma, per ogni vero poeta,  è  fondamentale accogliere la regola, per poterla e saperla superare.
   
     Questo è il segreto del lavoro di Stefano Cervini che, consapevolmente, traspone la versificazione tipicamente giapponese in un contenuto a noi contemporaneo ed emozionalmente vicino: un mondo “altro” che diventa nostro nella sequenza delle stagioni e  del rapporto con la natura fondamento e origine dell’haiku tradizionale.


"Frigora mitescunt Zepheris, ver proterit aestas,
interitura simul
pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
bruma recurrit iners."
(Quinto Orazio  Flacco)
"Si addolcisce il freddo agli zefiri,/annienta primavera la potenza dell'estate/che svanirà non appena l'autunno copioso/avrà sparso i suoi frutti e presto/i giorni brevi torneranno inerti". (traduzione dell'autore Stefano cervini)


Borea si posa
con dolcezza Scirocco
carezza l'onde

            Barche alla pesca
            fra gabbiani festanti
            svelta una scia
Corrono  i venti
sui regni vertiginosi
di Poseidon
"Ben venga maggio
e'l gonfalon selvaggio!"*
un'Eco canta
tra valli ad Arno antica
a l'arie a l'acque a l'erbe"**

*Primi due versi della canzone a ballo CXXII delle rime di Angelo Poliziano.
**E' un TANKA, ovvero "poesia brave", altrimenti anche chiamato WAKA, cioè "poesia giapponese", comunque costituito da 5/7/5/7/7/ sillabe, da cui storicamente sarebbe derivata la forma dell'haiku. 


Stefano Cervini



Premio Speciale Poesia è la Vita a: 
Awa Demaldè Diop e Mario Romano Parboni

Awa Demaldè Diop, Mario Romano Parboni


copertina e illustrazioni interne
 sono di Awa

 Awa Demaldè Diop 
Sogno un mondo – IBISKS ULIVIERI (EMPOLI)



“Poesia è la vita” per Awa Demaldè Diop, è la vita che deve realizzarsi nel suo paese, l’Italia e nel suo sogno fantastico: Afrilia.



     Afrilia è l’invenzione di Awa giovane poetessa, anzi giovanissima.
Il suo sogno: "Italia e Africa". Lei è tutte e due e sogna questa fusione che già è in Lei; e dunque allarghiamo questo sogno, facciamolo anche nostro!

     Ed è per questo motivo e per la maturità, dolcezza, musicalità ed incanto che pervade la poesia della dolcissima Awa che abbiamo inventato a nostra volta accomunando il poeta Paolo Parboni il premio “Poesia è la vita”.

Crea un'onda per capire
crea un'onda per sembrare
una persona diversa,
crea un'onda per sognare
un nuovo inizio,
crea un 'onda di gioia,
di dolori, di sapori,
crea un'onda per cantare,
fino a perdere la voce.

Quasi sempre creo un'onda nella mente,
di sentimenti turchesi e luccicanti,
un mare di pensieri,
così teneri, così neri.
un'onda di emozioni,
fino a piangere, fino a ridere,
creo un'onda con il cuore,
per la speranza di una vita
piena di luccicore,
di infinita fantasia e poeticità ...
e non nel profondo terrore.


Awa


Mario Romano Parboni 
L’Altura (poesie 1960 - 2010)  introduzione di Eugenio Rebecchi -  ed. Blu di Prussia (PC)
  
     “Poesia è la vita”, è per Mario Romano Parboni, il percorso del suo sogno che si fa testimonianza .

     Teatro è poesia, poesia è anche teatro.

     Mario Romano Parboni sperimenta con originalità di linguaggio e acume intellettuale calandosi nei meandri esistenziali, ponendo le sue domande i suoi dubbi i suoi perché. Non ci sono risposte, soluzioni. Molto semplicemente L’Altura,  testimonia un vissuto che si fa poesia, ricerca, teatro. La realizzazione di un sogno. Un sogno che ha attraversato mezzo secolo di vita letteraria, dove il poeta si fonde e confonde nell’impegno civile, sociale, di amore, di religiosità . Non a caso la citazione di Simon Weil “L’arte è attesa. L’ispirazione è attesa: l’attesa di Dio” che già indica la strada percorsa da Parboni per arrivare oggi con quel suo bagaglio di esperienza e di uomo, di poeta e di intellettuale.

    E’ per questi motivi che la Giuria ha assegnato congiuntamente ad Awa Demaldè Diop il Premio Speciale “Poesia è la vita”. L’uno per la pienezza del suo percorso, l’altra per il suo felice affacciarsi alla vita ed alla poesia.

Mario Romano Parboni

(1960) 

La primavera mi spazia - 
incapace di moderarla
mal riesco a contenerla.

I fiori e le foglie
fanno nido al vento.

Avviene la notte!

Mi sto innamorando dell'universo!

(2010)

Fra luci bugiarde, al neon, di notte,
fannullone, scorato, decadente,
d'attorno a una fontana senza pesci.

Le fontane senza pesci sono anomale?

Quel che si scorge in superficie
scaturisce dall'interiorità?

Il gelo è assassino ma pure
l'annoiante caldo è assassino.

M'imbatto in pubblicità concernente
un'impudica minigonna rasente il culo
e la confortevole casa di Barby.

Indossando un trench alla Humphrey Bogart,
privo di sigaretta giacché non fumo,
cammino con le mani sempre in tasca
fischiettando, inestinguibile memoria,
una struggente canzone di Tenco.

La Giuria: Silvana Copperi, Angela Donna, Luigi Tribaudino


Silvana Copperi - Luigi Tribaudino

Il poeta Mario Romano Parboni nell'ambito della cerimonia di premiazione ha letto questo breve sunto che riguarda il Suo pensiero sulla poesia e noi abbiamo ritenuto opportuno riportarlo in questo sito dedicato alla cerimonia .... appunto:

Carpire i significati agli avvenimenti, alle cose, affinché si riesca, concernente qualcosa  del mistero bilico, a farli diventare linguaggio.
Ciò mi affascinò fin da ragazzo, quando meditando i poeti greci e latini, Orazio, Ovidio, Catullo, Gallico, Saffo, Simonide ..., sentivo che il mio spirito s'irrobustiva. Ma scoprii il teatro, (asserisco ciò perché io mi occupo di teatro) che è strutturato con un linguaggio dall'interiorità possente idem a quello della poesia: quindi teatro e poesia hanno fondamentalmente, in un certo senso, la medesima spina dorsale; ed anche per quanto concerne, talvolta, la disposizione della scrittura. Ma in fondo, il valore autentico battezzato "poesia", è l'originalità che ne scaturisce, non tanto la scrittura, sia essa congegnata in versi o meno.
Se manca l'originalità il tutto è vano........
Dai padri della lirica moderna: i cosiddetti poeti maledetti, di cui l'origine, il portabandiera è considerato Lautreaumont, eppoi Rimbaud, Mallarmé, Baudelaire e qualche altro. 
Colui a cui mi sento più accosto è Rimbaud, anche se non sono certo paragonabile al suo valore, logicamente; ma influenzato però dal suo relismo critico, dal suo spirito sognatore, dal suo impegno morale e dalle sue cosiddette fughe concernenti il trascendente.
Noi tutti sappiamo, comunque, che se non ci fossero stati, nell'ottocento, tali "poeti maledetti" mai sarebbero esistiti Ungaretti, (a cui io avrei dato il Nobel), né Quasimodo, né Montale, né Caproni e forse forse neanche Pasolini. 
                                                                                             Mario Romano Parboni

Dalla collezione di pupazzi di Pinocchio di Mario R. Parboni:

 Ravvivare il più possibile il mito di tutte le significazioni scaturite da personaggio Pinocchio; tenerlo vitale soprattutto fra i bambini mentre crescono; avvelenare, tramite avvedute spiegazioni educative, gli animali metafore delle perversioni umane, presenti nel collodiano "tomo scatolone", affinché avvenga il prodigio che renda l'uomo fondamentalmente saggio, quindi meno guerrafondaio e più reciprocamente solidale. "Inutile leggere la scrittura se non la   
si capisce", asseriva l'apostolo Luca.
Provvidenziale se tutti fossero calamitati dallo straripante contenuto, perfino "biblico" direi, del capolavoro Pinocchio, zeppo di assennata pedagogia e di originali fiammate poetiche.
                 Mario R. Parboni

Abbiamo voluto inserire queste due fotografie che ritraggono alcuni pupazzi della nutrita collezione di Pinocchi del poeta Mario R. Parboni anche se, non hanno alcuna attinenza con il concorso di poesia allo scopo di fargli cosa gradita e anche perché essendo l'ultima edizione ci permettiamo questa piccola trasgressione.
Sappiamo che Parboni nutre un sogno quello di fondare un piccolo museo di questa Sua straordinaria collezione e noi gli auguriamo di tutto cuore che questo Suo sogno diventi realtà.

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